
Immagine generata con AI
Serviva Dante Alighieri per aprire una mia riflessione.
La scala con i suoi gradini è un simbolo quasi archetipico, serve per salire, per scendere, persino per cadere.
Allora mi sono venute in mente parole legate alla scala, tutte diverse.
Scala Santa, conosciuta dai devoti per innalzare una preghiera, come percorso in cerca di Dio.
Scala mobile, non esiste più, sostituita dai gadgets governativi, era un meccanismo, seppur con le sue imperfezioni, che permetteva ai lavoratori dipendenti di vedere il loro stipendio adeguato (in parte) al costo della vita.
Scala sociale, definita vista la modernità anche “ascensore sociale”, sarebbe quel miracolo che consente a chi vive nelle borgate, magari con genitori in carcere, di crescere e di evolvere la sua vita esattamente come chi è nato in un palazzo nobile, figlio di avvocati o architetti, perché si sa siamo tutti uguali. Questo strano ascensore pare non funzioni più, che resti bloccato al piano terra per alcuni, non si eseguono riparazioni, forse è una chimera o una favola. Peccato che dall’età di 7 anni le favole non le leggo più.
Scala Reale, chi conosce il poker sa di cosa si tratta, il giocatore che la possiede vince tutto prende tutto, insomma il punto top al tavolo verde.
Scala della vergona, pare stia a Milano e il 7 dicembre scorso ha dato bella mostra di sé con signore imbalsamate, siliconate e imbellettate, con un bulgari al collo , con signori altrettanto imbalsamati con le loro cravatte, Rolex d’ordinanza. Il gotha del potere era lì, ovviamente un evento aperto a tutti, anche ai ragazzi di borgata, così da fargli prendere l’ascensore sociale. Oltraggio alla povertà e alla cultura che dovrebbe essere di tutti, persino all’opera stessa che nasce come popolare e non lo è più visti i costi dei biglietti, non solo per quell’evento,
I potenti non conoscono la sobrietà e offendono gli altri che li guardano dalla TV, nel loro mondo dorato e inaccessibile.
Offendono i pensionati al minimo, i lavoratori in cassa integrazione, le famiglie sfrattate, non pensano dall’alto ( si fa per dire) della loro “cultura” che, in considerazione del fatto che sono tutti incapaci di costruire un welfare serio, dovrebbero almeno avere la decenza di non sbatterci in faccia la loro forza di élite.
L’arte, la musica, il bello, la cultura dovrebbero essere di tutti, ma proprio di tutti, sono un diritto come altri diritti, appartiene a tutti noi, non è appannaggio solo di chi questo diritto se lo arroga. Per questo alla Scala di Milano non è andata in scena una grande opera e basta, è andata in scena l’arroganza e il disinteresse dei potenti, pertanto mi pare adeguato il nome “Scala della vergogna”.
8 dicembre 2024 🐈gattapazza

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