
“Pinna”
Non ho peli morbidi, gli umani non mi accarezzano, ma a me non interessa stare nelle loro case, come piace a Chuck, il cane di un umano che si chiama Pescatore e che cerca di prendermi da tempo con un bastone con un filo attaccato e cibo, seduto sul molo.
I miei fratelli non sono mai tornati, credo che lui li porti a casa, penso che non li accarezzi.
La mia specie dovrebbe chiamarsi “pesce”, la specie non mi interessa, a me la casa degli umani non piace, a me piace la mia casa, il mare. Qui giù sapete c’è silenzio e tanta vita, siamo tanti , tranquilli a meno che?
A meno che il sole non diventi forte, gli umani chiamano quel periodo estate, e, allora arrivano vicini, con i loro schiamazzi, entrano nella mia casa, il mare appunto, mi disturbano, ci disturbano.
Altri umani sono ancora più pericolosi, hanno delle case che si muovono a galla sull’acqua , pare si chiamino “barche”, di notte gettano delle maglie per impigliarci dentro, dicono di essere anche loro pescatori. Di notte vedo le luci accese sulle loro case in acqua, se arrivo al limite dell’acqua sento le loro voci, parlano, fanno quella cosa rumorosa che gli cambia la faccia, cioè ridono.
Sono un pesce, non ho studiato, ma ho capito che forse devono farlo per vivere, loro non mangiano quello che mangio io e poi hanno altri umani a cui pensare, la chiamano famiglia, allora di notte vengono a prenderci. Non ce l’ho con loro, ma devo scappare se no prendono anche me.
Sul ponte, pontile, boh, un’umana viene spesso, la vedo, perché ha una maglietta gialla, passeggia e si siede su una sedia di legno che credo si chiami panchina.
Lei mi piace, perché non vuole prendermi, giorni fa si è affacciata sul bordo del pontile e mi guardava. Mi ha buttato dei pezzettini bianchi, pensava che a me piacessero, io ho avuto paura a mettere la testa fuori, perché ci sono quei grandi uccelli sempre affamati che gridano, che so che mi mangerebbero volentieri. Mi chiama “Pinna”, perché non lo so.
Io non so come raccontare alla signora con la maglietta gialla una cosa che mi è capitata due giorni fa, strana, molto strana.
Mi ero allontanato molto, avevo fame, faceva caldo, per mangiare devo allontanarmi, troppi gli umani sulla spiaggia, non c’è cibo, allora ho nuotato ho nuotato, di notte, ho visto una casa rotta che si chiama barca, non era dritta sull’acqua come quella dei pescatori , era un po’ girata da una parte, quelli sopra non erano pescatori, facevano tanto rumore più di loro, più degli umani sulla spiaggia, ma tanto tanto di più.
Non capisco il loro linguaggio umano, capisco solo che hanno paura, lo sento, con alcuni fratelli ci avviciniamo mentre la barca si piega ancora di più. Molti di loro cadono in acqua in mezzo a noi, vedo il colore della pelle diversa da quelli che stanno sulla spiaggia, maschi, femmine e alcuni umani piccoli, credo che piangano, forse urlano, sento la paura. Qualcuno finisce sotto l’acqua, gli nuoto intorno per fargli capire come si fa , ma loro urlano e bevono acqua fino a non muoversi più.
La barca si rompe, quelli che ancora si muovono, agitano braccia, finiscono sotto l’acqua per sollevare i piccoli umani e mettere la loro testa fuori per respirare. Tanti di loro, galleggiano fermi, penso si dica morti, pochi sono attaccati ai pezzi di legno della barca, piangono, forse parlano con Dio, che io conosco , allora pregano. Notte fonda, io sono un pesce, ma mi dispiace per quegli umani spaventati che non sono pesci e che presto moriranno.
Sento poi delle strane vibrazioni, un rumore e da lontano un faro che illumina gli umani, pochi, ancora vivi aggrappati a pezzi di legno. Allora agitano le braccia, urlano più forte, una grande barca si avvicina , con umani con giubbotti rossi, chiamano gli umani nell’acqua e si avvicinano con una barca più piccola di gomma.
Li pescano, sì li pescano gli umani rimasti, non credo li peschino per mangiarli, li stanno aiutando perché tendono la mano per portarli via dall’acqua, a volte li abbracciano, prendono gli umani piccoli prima, li avvolgono in una coperta, poi gli altri.
Molti sono rimasti morti nel mare, lo so gli umani soffrono per questo.
Sono un pesce, ma sento che gli uomini con il giubbotto rosso hanno fatto una cosa buona, come se un mio fratello impigliato in una rete venisse liberato.
Gli umani muoiono sotto l’acqua , io ci vivo, siamo diversi, spesso nemici, ma quegli umani senza scarpe, sporchi e poveri forse stavano peggio di me. Io vivo libero in mare, questa è la mia casa, devo fare attenzione alle reti ma sono bravo, io non devo fuggire dalla mia casa, gli umani poveri in mare forse fuggivano dalla loro casa, forse non avevano cibo, forse avevano problemi con quella cosa chiamata guerra, forse.
Mi sono detto per la prima volta che sono felice di essere un pesce. Torno verso il molo, devo raccontare tutto alla signora simpatica con la maglietta gialla, non so come fare, spero solo che queste cose brutte lei le conosca, è un’umana. Che capisca quanta paura hanno i suoi fratelli poveri in mezzo al mare. Che ricordi a questi suoi fratelli poveri che la loro casa non è il mare, io ci vivo nella mia casa, ma loro nella mia casa se nessuno li aiuta possono morire.
28 dicembre 2024 🐈gattapazza

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