“Chicca e Ada”

Quanto mi piace, quando il freddo finisce, l’erba non è più ghiacciata, tutto diventa verde, il giardino di questa grande casa è pieno di piante colorate, credo siano fiori. Alcuni profumano altri no.
Qui le persone con il camice bianco mi chiamano Chicca . Loro sono umani io sono un gatto, anzi io sono una femmina di gatto, vivo qui insieme ad altri due gatti. Uno si chiama Roscio, ma il vero colore credo sia arancione. Roscio è corto un po’ cicciotto, ha la coda corta ed è molto pigro. L’altro è Teo, lui è nero nero come la notte, magro, quando cammina si allunga, ho sempre pensato che potesse essere mio figlio. Anzi credo proprio sia l’ultimo dei miei figli. Io ho avuto tanti figli, ma tanti , appena sono cresciuti e avevano imparato da me a cacciare se ne sono andati, non sono triste per questo, questo fa una mamma gatta, li cresce e li vede andare per il mondo, forse lui è rimasto con me perché vive tranquillo in questa grande casa con i fiori.
Qui ci sono umane vecchie come me, perché io sono una vecchia gatta, non conosco il tempo, ma cammino con difficoltà, non salgo più sugli alberi , non caccio più lucertole. Le vecchie signore sono silenziose o parlano piano, qualcuna guarda muovendo la carta, lentamente una cosa che chiamano libro, altre si mettono intorno a un tavolo e muovono altre carte e a volte ridono.
Poche di loro sono in piedi come gli umani, alcune hanno una sedia con le ruote e gli umani che lavorano qui, hanno un camice bianco e le aiutano a vestirsi, lavarsi, loro non usano la lingua come me per pulirsi. Va bene, anche io non ce la faccio più e sono un po’ sporca, il pelo non è lucido come quando ero giovane, guardo Teo così bello, giovane e nero, che salta in continuazione, mentre il pigro Roscio, dorme e mangia.
A noi danno da mangiare tutti i giorni gli umani col camice, a me piace molto una di loro che chiamano Marina, ha una voce forte e spesso fa un suono strano mostrando i denti credo che significhi ridere. Mi chiama spesso, “Chicca, Chiccaaaa!”, perché sa che sono lenta , Teo e Roscio arriverebbero prima di me e mangerebbero tutto.
Marina lavora molto, lava le vecchie signore come fossero bambine, parla loro piano, e quando sono pulite e profumate le mette anche sulle loro sedie. Di tutte le vecchie signore che sono qui la mia preferita è Ada . Ada è molto magra, ha gli occhi colore del cielo, un po’ come i miei, i lunghi peli bianchi raccolti sopra la testa. Ada parla piano, quando è in giardino sulla sua sedia. spesso mi chiama, io vado da lei con la mia coda dritta, perché Ada a me piace molto. Quando mi chiama io vado da lei mi sdraio vicino ai suoi piedi e l’ascolto. Ada mi racconta tante cose, di quando si è innamorata per la prima volta, di sua figlia Elisa che non vede da tanto tempo. Quando parla di Elisa, i suoi occhi diventano bagnati . Io , Elisa non l’ho mai vista, forse Ada è triste per questo. Marina la signora col camice ogni tanto le dice, “dai Ada vedrai che tua figlia viene presto“ poi prende ciotole e crocchette e le dà a me al Roscio e a Teo e dà un biscotto a Ada.
Una mattina un po’ umida, pioveva piano, ho visto arrivare una signora abbastanza giovane. Camminava veloce facendo rumore con le scarpe. Aveva delle punte sulle scarpe e camminava facendo un “tic tac tic tac”. Io l’ho seguita per vedere dove andava. È entrata ha parlato con Marina e poi è entrata nella stanza di Ada . Ha chiuso la porta ma io sono rimasta dietro, le ho sentite parlare, ho sentito Ada piangere, l’altra signora credo fosse proprio Elisa parlava a voce alta, come fanno gli umani quando sono molto nervosi dicendo cose strane sul fatto che lei lavorava non aveva tempo per venire a trovare Ada, che aveva molti impegni e che Ada non poteva pensare di vederla troppo spesso. Ma Ada piangeva, piangeva. Elisa la figlia ha detto “mamma ora mi hai proprio stancato, ti ho trovato una casa di riposo dove pago tanti soldi per te, non ti devi lamentare”. Poi se n’è andata chiudendo la porta forte e io mi sono spaventata e ho fatto un salto in aria e poi sono scappata.
Il giorno dopo c’era di nuovo il sole, Ada era sulla sua sedia con le ruote, ferma al suo solito posto guardava un punto lontano, non parlava con le altre vecchie signore, io non so dove guardava e cosa vedeva. Gli occhi celesti, gli occhi come il cielo erano aperti, ma come se non avessero più luce, allora io mi sono avvicinata e ho strofinato il muso sulle sue gambe magre. Ada ha piegato la testa e mi ha guardato, e ha detto “ciao Chicca meno male che ci sei tu”! Allora ho pensato che dovevo stare più vicino a lei e sono salita, (con fatica), sulle sue ginocchia, lei ha iniziato a grattarmi la testa e scendevano delle gocce come la pioggia dai suoi occhi e mi diceva che Elisa non le voleva bene, che Elisa spendeva molti soldi per farla stare qui, che era sola e che voleva morire. Io sono una gatta ma so che morire vuol dire che tutto finisce, che non vedi più i fiori che non mangi più crocchette, che non senti più Marina ridere. Allora mi sono accovacciata sulle sue ginocchia, io non posso parlare ad Ada, avrei voluto dirle che anche io sono una mamma e non so più nemmeno dove siano i miei figli, ma per me questo è normale, io non piango per questo . E che nemmeno lei avrebbe dovuto piangere per questo, e che poi c’ero io, e c’era Marina.
Ada piano piano spinge la sedia con le ruote io resto sulle sue ginocchia entriamo nella sua stanza. Accende la scatola luminosa, dove c’è tanta gente che parla e mi lascia lì con lei. Entra Marina con il pranzo per Ada e mi vede lì e per la prima volta si arrabbia un po’ “no Ada non va bene, i gatti non possono entrare qui dentro, non puoi tenere Chicca nella stanza!” Ada guarda Marina sempre con gli occhi bagnati e le dice, “sono sola Marina, Elisa non si vedrà più , sono sola vorrei solo morire”. Marina si avvicina, poggia una mano sulla testa bianca e le dice piano, “non sei sola ci sono anche io, non sei sola hai Chicca sulle ginocchia, non dirlo a nessuno non porterò via Chicca da questa stanza, la lascerò con te . Speriamo solo che io non perda il lavoro per questo”.
Ada ha smesso di piangere e ha guardato Marina, e ha piegato la bocca con una piega dolce, lo sguardo contento e mi ha accarezzato e poi ha detto “grazie, lascia Chicca con me ti prego”. Marina se n’è andata chiudendo la porta piano. Io sono rimasta lì, ho detto a Ada, parlando con le mie fusa, che doveva stare tranquilla, con lei c’ero io , i figli sono così, se ne vanno e poi non tornano, io ci sono abituata sai, ora siamo vecchie tutte e due, e siamo stanche, allora stiamo insieme, mi piace stare con te, mi piace il tuo odore, guardiamo quello che dicono dalla scatola luminosa, io non capisco tu forse sì, ma mi raccomando non essere triste, a noi vecchi tocca questo, essere sempre un po’ soli, ma da qualche parte puoi sempre trovare una Chicca o una Marina , sentire le mie fusa, guardare i nuovi fiori, vedere Teo che prende le lucertole e te le porta, lui è generoso e giovane.
Non lo so per quanto tempo staremo così, a noi gatti non interessa, nemmeno tu devi contare il tempo, non si fa, altrimenti sarebbe come morire prima, e noi ancora non vogliamo Ada!
28 maggio 2025. 🐈⬛gattapazza


Scrivi una risposta a buio dentro – diario di un abusato Cancella risposta