Kika

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Kika
Era tigrata piccola, pelo semilungo rossiccio, magra molto magra, vive vicino a una scuola primaria, il racconto di Kika inizia da qui.
La signora col camice blu che tutti chiamano Rosaria so che sta arrivando come tutte le mattine a portare cibo croccante a me e agli altri uguali a me, che sono quattro, perché’ noi viviamo in zona, quando Rosaria finisce di usare la sua stoffa bagnata per lavare viene da noi.
Cerco di sbrigarmi a mangiare perché sono magra e femmina il gatto maschio di quella cosa che Rosaria chiama colonia che lei chiama Micio è grosso sempre spatrugnato, e mangia quasi tutto. Mi fermo sempre a guardare i piccoli umani che vanno e vengono dalla scuola, non sempre mi trattano bene, a volte io mi avvicino contenta per essere accarezzata e loro mi tirano la coda, qualcuno mi ha dato anche qualche calcio, lasciandomi senza fiato.
Rosaria dice “sono bambini” ancora non capiscono e si inchina verso di me e mi fa i grattini in testa.
Una mattina però è successa una cosa bella, un piccolo umano che vedevo sempre, capelli neri occhi grandi, un po’ meno magro di me mi fa tanti grattini poi mi abbraccia forte, dalla cosa che cammina col motore scende la sua mamma ,viso dolce capelli quasi del colore dei miei peli, e una piega all’insù bella della bocca. Il piccolo umano che poi saprò si chiama Tommaso dice alla mamma, che poi saprò si chiama Anna di prendermi e portarmi a casa con loro e saprò anche che mi chiameranno Kika. Anna dice a Tommaso che non si può perché lei lavora, poi l’impegno, io non so cosa è l’impegno e poi ha detto “lo sai che papà non vuole animali”.
Io sarei un animale, credo che anche Anna Tommaso e papà siano animali, ma senza peli e camminano solo con le zampe di dietro.
Ora sono nella cuccia, che loro chiamano casa, di Anna Tommaso e papà Carlo. Sto bene qui molto bene, la mattina ho le mie crocchette e con Tommaso giochiamo, io gli insegno a rincorrere palline di carta, poi tutti vanno via, mi allungo su un divano morbido e li aspetto.
Papà Carlo non sta bene è molto nervoso, a volte mentre loro mangiano lui batte forte con le mani sul tavolo e Tommaso mi prende di corsa e si chiude in camera. Chissà quale malattia ha papa Carlo? Poi ho visto che qualche volta Carlo non batte le mani e i pugni sul tavolo, batte i pugni e le mani addosso a Anna, Anna piange, gli dice sempre “fermati”. Tommaso urla e piange mi stringe forte si chiude in camera.
Una mattina ero in cameretta con Tommaso, nessuno usciva doveva essere quel giorno che gli umani chiamano domenica. Ho sentito tanta confusione papà Carlo urlava, la mia Anna ancora di più e piangeva, ma era molto forte il rumore. Allora sono uscita dalla cameretta e ho visto Carlo usare il ferro con cui taglia il pane per infilarlo sulla pancia tante, tante volte.
Tommaso piangeva chiuso in camera lui era un piccolo umano non poteva aiutare Anna.
Tutto quel nervosismo lo sentivo ad ogni urlo tremavano le mie vibrisse e il pelo era ritto come quando avevo paura di qualcosa. Anna era per terra, Carlo non c’era più, mi sono avvicinata e Anna aveva addosso tanto liquido rosso come quello che il gatto Micio ogni tanto aveva sul muso. Ho strofinato il muso sul viso di Anna, non era calda come sempre.
Sentivo l’odore di quel liquido rosso che si chiama sangue e mi sono venuti i brividi, quell’odore per me non era nuovo, io lo conoscevo, credo che gli animali della mia specie lo conoscano, Tommaso una volta mi ha fatto vedere sulla ”scatola che parla” dei gatti grandissimi e bellissimi che lui chiamava tigri che facevano quello che ha fatto papà Carlo, inseguivano un animale più piccolo e con artigli e grandi denti gli facevano uscire il sangue e poi li mangiavano.
Sono rimasta lì Tommaso piangeva piano nella stanzetta.
Sono arrivati dei signori vestiti di blu e altri con le tute bianche, erano tutti intorno ad Anna che non si muoveva più. Hanno preso Tommaso e lo hanno portato via coprendogli gli occhi. Parlavano tra loro dicendo che delle volontarie mi avrebbero preso.
Ma io volevo stare con Anna, magari si sarebbe svegliata.
Carlo era sempre arrabbiato, ma lui aveva il cibo a tavola, perché aveva fatto come le tigri e aveva ucciso Anna se non l’avrebbe mangiata? Dicevano una parola “femminicidio”, che è una cosa che succede alle femmine, come me. Da allora ora ho paura, io sono femmina può succedere che qualche animale mi uccida, anche se non ha fame? Vorrei tornare alla colonia con Micio. È grande grosso e spatrugnato, mi ruba le crocchette, ma “sento” che lui non mi ucciderà.
16 novembre 2024 🐈gattapazza

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