Ringrazio Desirè Carini per aver sbloccato il racconto di una parte della mia vita fondamentale, che mi ha fatto attraversare il dolore dai miei tre anni fino ai diciotto.
La persona che più ho amato e amo e’ stata mia madre.
Ero piccola, forse tre quattro anni e lei, la madre, quella di cui volevo il profumo, mi odiava, semplicemente perché non mi riconosceva.
La malattia mentale si era fatta strada in lei, giovane donna, con un marito che amava e una figlia piccola tanto desiderata.
Fosse successo oggi mi avrebbero preso i servizi sociali e affidato ad un’altra famiglia.
Ma non mi voleva più, cercava di cacciarmi dalla mia stanzetta urlando e minacciandomi, mio padre arrivava in mio soccorso.
Devo aver sofferto e molto, anche se ho realizzato più avanti che lei non c’era, la sua mente era altrove.
Parlava con persone che non c’erano, vedeva cose che non c’erano.
Un’infanzia fatta di fughe, le sue, di tentativi di suicidio, i suoi, di urla e di ambulanze che venivano a prenderla.
Poi gli elettrochock, tanti, psicofarmaci che la rendevano una larva, il manicomio, luogo che non dimenticherò mai, mio padre che mi teneva con sé che mi spiegava che mamma non aveva colpe, era malata.
Un’adolescenza complicata ero figlia di una matta, la follia era una vergogna.
Quella vergogna me la portavo a scuola, vicino avevo la mia compagna di classe, oggi ancora mia amica, una sorella, che mi portava a casa sua a fare i compiti e sua madre ci preparava la merenda, sua madre che un po’ era la mia.
Mio padre ha lottato come un leone, dormendo anche in macchina, per accumulare denaro per darle le cure migliori,mentre io vivevo con parenti.
Ero una specie di pacco affidato a zii, perché lui doveva salvare mia madre e lavorare, lavorare.
Poi ho vissuto con mia nonna e ho sentito in lei il profumo di una madre.
Avevo diciassette anni quando mia madre venne ricoverata in una clinica costosissima gestita da un vero guru della psichiatria, scomparso pochi anni fa.
Tre mesi e la sperimentazione di un nuovo farmaco che veniva dagli USA, oggi molto usato.
Combinato a quattro mesi di cura del sonno, io e mio padre non potevamo vederla.
Poi una mattina ci chiesero di andare a trovarla, la trovammo seduta nella sua costosa stanza, in mezzo al verde, che faceva colazione, quando ci ha visto ha sorriso!
Non dimenticherò mai quel momento, i suoi occhi sorridenti che per la prima volta erano luminosi, la sua voce calma e l’abbraccio forte che mi ha dato fino quasi a farmi male, per poi piangere e chiedermi scusa e dirmi quanto mi amava.
Da quel momento siamo tornate madre e figlia, un rapporto complice e bellissimo rallegrato dall’ironia di mio padre.
Ha ripreso a lavorare e a vivere.
Le mie cicatrici restano, ma sono stata fortunata, me la sono ripresa.
Gli ultimi anni della sua vita, costretta su una sedia a rotelle li ha vissuti con me, perché questo io volevo.
Ogni volta che tornavo a casa dal lavoro, mi accoglieva con un sorriso, felice che io fossi con lei.
Scomparsa quattro anni fa e mi manca, quella madre persa e ritrovata, risorta dalla pazzia.
Quella pazzia che non mi fa più paura, il dolore di quegli anni ha fatto di me la persona che sono oggi e se scherzo sulla pazzia e’ perché grazie alla scienza e all’amore di mio padre e’ stata sconfitta.
Visto che mamma come me amava i gatti, che hanno sempre fatto parte della nostra famiglia, quale nick più bello potevo inventare, c’è la mia vita in questo nick.
Orgogliosamente e serenamente io sono “gattapazza”.
Ciao mamma❤️
9 novembre 2025 🐈⬛gattapazza


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